Movimenti messianici come riscatto dalla crisi – Suicidi e movimenti messianici tra gli Inca all’epoca della Conquista

Un’alternativa al suicidio è spesso rappresentata dall’istituzione di “chiese” che esprimono l’esigenza di “separarsi” dalla società esistente, ufficiale, profana, per fondare una nuova società su un piano di extra-storicità5.

L’agitazione messianica è pertanto il segno della disperazione più o meno cosciente che si impadronisce delle società arcaiche che, durante momenti di intenso travaglio sociale, economico, culturale e psicologico, si sentono minacciate nelle loro tradizioni più care e nella loro stessa esistenza. In quanto prodotto storico e quindi soggetto ad evoluzione e cambiamento, ogni movimento muta al mutare delle condizioni che lo hanno generato.

È dunque possibile che in uno stesso movimento coesistano riformismo e rivoluzionarismo e ogni nuovo culto è indice dell’incompatibilità tra i bisogni e i mezzi di soddisfacimento, nonché prova del carattere multiforme e dialettico del rapporto tra sociale e religioso.

La presenza europea infatti, pone in crisi il sistema etico-sociale nel suo insieme, crea un vuoto psicologico, un disorientamento generale con la disgregazione della cultura avita e l’imposizione di modelli privi di radici autoctone, e dunque indigesti; la diffusione di movimenti indigenisti d’impronta cristiana risponde quindi all’esigenza di riaffermare l’identità originale, contro il rischio del caos culturale e psicologico che incombe sulla società per effetto dell’invasione dei modelli d’origine straniera.

Elemento principale dei movimenti profetici presso le società non complesse è quello religioso, essendo la religione il più diretto veicolo di comunicazione dei valori che “significano” l’esistenza collettiva6.

Pertanto la liberazione e l’emancipazione dei popoli colonizzati fu guidata da personalità profetiche, carismatiche che attraverso i missionari avevano conosciuto il testo sacro cristiano.

Dal momento che l’inserimento coatto dei bianchi nella società indigena riproduceva condizioni affini a quelle che presiedettero alla diffusione del Cristianesimo primitivo, nacque il bisogno della Bibbia, intesa come estremo rifugio e baluardo di salvezza contro la duplice oppressione dei sacerdotalismo militante delle missioni e dello statalismo autoritario dei governi coloniali.

Molte società fecero proprio il messaggio paleotestamentanio dei missionari, trovando nelle persecuzioni subite dall’antico popolo ebraico il prototipo biblico che li autorizzava a proclamarsi discendenti delle perdute tribù d’Israele.

Tuttavia la Bibbia assunta dai nativi non era certamente quella canonica, perché, oggettivamente, essa era calata in una situazione nuova e del tutto peculiare, e perché, soggettivamente, i nativi se ne appropriarono in funzione dei loro bisogni fondamentali.

Nella maggioranza dei casi infatti, ad attirare non erano i valori intrinseci della religione cristiana bensì il valore magico-taumaturgico ad essa attribuito. Il Cristianesimo veniva accettato perché appariva strumento di potenza magica: e se la civiltà europea si era affermata in modo superiore, ciò era dovuto alla maggiore potenza insita in essa.

Il Cristianesimo era quindi tradotto in linguaggio culturale pagano, più di quanto il paganesimo non fosse elevato ai valori cristiani.

Presso i popoli a livello etnologico il Cristianesimo si è affermato per il prestigio ad esso riconosciuto in quanto religione degli europei, rispettati per la loro superiorità pratica, per lealismo e conformismo nei confronti dell’autorità dei capi, per attrazione delle forme di vita comunitarie, per desiderio dell’educazione scolastica come mezzo per ottenere beni pratici ed economici e per stabilire contatti col mondo alieno dei bianchi.

È quindi evidente come gli elementi di carattere secolare e sociologico siano preponderanti e come la conversione, intesa come consapevole e profondo riorientamento verso una religione ritenuta valida in sé e per sé, non si sia mai verificata.

Ciò sembra confermato anche dal fatto che a lungo andare i movimenti profetici si volgono verso un “aggiustamento” più secolare e pragmatico attestando un passaggio dalla religione alla politica che consente di rispondere in maniera più appropriata ai nuovi problemi – non solo religiosi – di cui sono espressione.

Molti movimenti, infatti, nascono come nativisti ed emancipazionisti nella fase più accesa della tensione fra le due culture, ma poi col progredire dei rapporti attraverso un processo di mutua simbiosi ed integrazione, si volgono verso un autonomismo non più polemico, ma integrista ed aggiustativo.

Con l’istituzionalizzarsi del movimento religioso e l’avanzare della decolonizzazione, l’impulso al rinnovamento socioeconomico diminuisce e si passa dalla rivoluzione alla conservazione.

Tuttavia al momento dell’istaurarsi, in età postcoloniale, dei potere delle élites locali europeizzate che non hanno ancora decolonizzato se stesse, tornano a sorgere movimenti religiosi compensativi della nuova situazione di subordinazione e frustrazione.

Così, mentre in un primo tempo il messianesimo e il millenarismo preparano l’indipendenza e l’emancipazione dei popoli coloniali, facendoli confluire in organizzazioni pan-tribali che oppongono un mondo indigeno unito contro il mondo dei bianchi, in un secondo tempo passano all’istituzionalizzazione, e alla conservazione gettando le basi per il sorgere di nuovi culti di riscatto.

Pertanto tali movimenti seguono un’ispirazione di carattere metafisico, ma si muovono anche su un piano di emancipazione totale subendo la dinamica propria di tutti i movimenti religiosi che da una fase entusiastica passano alla fase istituzionalizzata, burocratica, formalistica e conservatrice.

Là dove invece il colonialismo classico tradizionale è stato superato ed è subentrato un neo-colonialismo economicamente sfruttatore, ma politicamente alleato con le borghesie indigene dominatrici, i movimenti religiosi si sono trasformati per avviarsi verso un processo di integrazione nei confronti della civiltà avanzata occidentale.

Nei vari movimenti è quindi individuabile: uno strato pagano che agisce sul Cristianesimo diffuso dai missionari dando luogo a reinterpretazioni popolareggianti di esso, un complesso autonomista spesso rivoluzionario, comunque separatista; un complesso ecclesiastico-organizzativo che reagisce all’organizzata propagazione della chiesa cattolica; infine un complesso messianico di salvezza, legato ad esperienze storiche di lotta antioccidentale.

5 V. Lantemari, Movimenti religiosi di libertà e di salvezza dei Popoli oppressi, Milano, Feltrinelli 1974, p. 300.

6 V. Lanternari, Antropologia e imperialismo, Torino, Einaudi 1974, p. 64.

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