Igloolik

Donna, sangue, vita nel sistema Igloolik

Per gli eschimesi Igloolik la colpa più grave che l’umanità possa compiere è l’aborto, volontario o involontario: esso è infatti equiparato ad una perdita di sangue rappreso.

Per capire le valenze del sangue, partiamo da un confronto. Nelle sedute di guarigione degli Yakuti, lo sciamano sputa del sangue tenuto in bocca qualche minuto, offrendolo agli spiriti che insidiano l’anima del paziente.

Egli alterna invocazioni e minacce: il sangue versato loro come nutrimento deve essere sufficiente a placare la fame e la sete degli spiriti che devono allontanarsi, abbandonando la loro vittima.

Il sangue è anche l’elemento primario dei sacrifici: con esso si spalmano le effigi di animali da immolare agli spiriti per ottenere successo nella caccia.

In questi casi, il sangue che sgorga dall’animale sacrificale è “positivo” perché attraverso la sua offerta l’uomo controlla, alimentandolo e nutrendolo, il mondo sovrumano e, allo stesso tempo, pone un argine all’ingerenza di questo negli affari terreni. La quantità che l’uomo decide DEVE essere sufficiente alla loro sazietà.

Di valenza positiva del sangue si può parlare anche in rapporto al sangue che proviene da una preda ferita mortalmente il cui consumo è destinato agli uomini, in quanto mediante un rito di rigenerazione l’animale tornerà a vivere. Si può dire quindi che questo sangue e un qualcosa di “culturalmente vivo” perché prelude ad una nuova genesi.

Nel caso invece del ciclo mestruale, abbiamo, come per la ferita dell’animale, una PERDITA DI SANGUE che, non preludendo però a nessun cambiamento, è concepita come pura PERDITA DI VITA. Solo con il parto cessa il periodico sanguinare e si dischiude una risoluzione positiva, cioè l’avvenimento concreto di una nascita.

L’aborto, essendo interruzione del processo generativo, è al polo opposto rispetto al rito di rigenerazione. Se il sanguinare, nella caccia e nel sacrificio, è segno di un morire che l’uomo riscatta con una rigenerazione attraverso le ossa e le parti del corpo, il sanguinare connesso con l’aborto non reca alcuna possibilità di riscatto, cioè di nuova vita.

Il sangue accompagna un qualcosa già morto, informe, senza ossa; la matrice che permette una resurrezione non esiste ancora: ciò che esce è solo totale negatività, concettualizzata come impurità.

Sembra quindi che la maggior colpa che può provocare la più pericolosa crisi dell’umanità col mondo extraumano, risieda nel sangue femminile.

L’aborto, rimandando a qualcosa che non è mai nato, fuoriesce dal cielo di morte-rinascita che è alla base dell’ordinamento cosmico-sociale. Sembra questa la ragione che indica questo evento come capace di spezzare i rapporti tra i diversi livelli dell’universo Iglulik.

La colpa della donna, quindi, si dispiega nella sua “potenza” negativa come interruzione del ciclo rigeneratìvo.

A ben vedere la pericolosità della donna non concerne solo l’aborto, ma si estende al sangue mestruale. La colpa non è soltanto nell’aborto – come soppressione di qualcosa di vivo – ma essa sembra riguardare il flusso femminile in generale, inteso come perdita di sangue che non consente una valorizzazione culturale.

Si tratta di un tema ricorrente in moltissime culture, di tutti i tipi.
Faremo riferimento ad un caso che concerne una civiltà non dissimile – come struttura di fondo – da quella Igloolik.

Tra i Tungusi, racconta l’antropologo Shirokogoroff (Psychomental complex of the Tungus, London 1935, p. 316), vi è una malattia di fronte alla quale lo sciamano rinuncia a qualsiasi intervento, dandosi perdente in partenza. Essa riguarda un malessere diffuso nelle articolazioni e nella circolazione.

Chi cerca la causa che provoca un tale danno, scopre delle notizie interessanti. Lo spirito nefasto, BUSKU o BUSUKU, è “prodotto” da una figura in legno antropomorfa, inzuppata nel sangue mestruale di una donna. Questo oggetto viene dalla donna nascosto tra gli indumenti delle persone alle quali vorrà recare danno.

Queste cadono immediatamente malate, con gravi disagi che si manifesteranno alle articolazioni o nella rottura dei tendini. Per questa malattia, dice Shirokogoroff, “non vi è trattamento, anche g1i sciamani hanno paura di intervenire”.

La situazione si complica scoprendo che le donne più anziane del clan, e generalmente “donne onorabili”, sono sotto il controllo di una specie di spirito e vengono chìamate “BUSKU mama”.

“Se le richieste degli spiriti (1oro legati) non sono soddisfatte, essi si manifesteranno sotto forma di malattia, cominciando col gonfiare le gambe e continuando fino a condurre alla morte la vittima, caso che può ripetersi (nei consanguinei) per molte generazioni”.

Questo spirito è conosciuto da tutti i gruppi Tungusi e dai Manchus, popolo agricoltore loro limitrofo, con alcune varianti che però non mutano di molto la sostanza del concetto.

Per esempio tra questi ultimi si dice che lo spirito BUS’EKU non può vivere se non all’interno di un giovane uomo o donna. (Secondo questi gruppi anche gli uomini lo possono produrre con il sangue delle gengive).

Esso si insinua nelle persone più deboli che non gli possono resistere e che, accettato il fatto, gli offriranno regolarmente carne fresca e sangue. Lo spirito comincerà a “mangiare” le persone che vivono vicino, distruggendo loro il sangue e le ossa , ma lasciando intatti i possessori.

I BUS’EKU possono attaccare anche altri spiriti e quando questo avviene, si avrà un collasso generale del clan dei perdenti.

Presso tutti i gruppi Tungusi lo spirito BUS’EKU, seppur a fatica, può esser governato dallo sciamano (a meno che l’attacco di questo non sia già avanzato), mentre non è così tra i Manchus.

Ciò che interessa rilevare ai fini della comparazione è che anche tra i Tungusi la donna può contenere la massima potenza negativa: come nel parto genera la vita così nel mestruo genera la morte.

È interessante notare come la catastrofe, per i Tungusi, non sia solo individuale, ma possa coinvolgere un intero clan, risparmiando proprio “chi possiede ed alimenta lo spirito”.

Ricordiamo che “BUSKU mama” sono alcune donne anziane e rispettabili che hanno la caratteristica di essere in balia degli spiriti e di DOVER accordare loro ogni desiderio espresso, pena la sofferenza in parecchie generazioni.

Come poter interpretare tali convinzioni? Uno stimolo è offerto dalla teoria di S. Lewis (Le religioni estatiche, Roma 1972, p. 24) sulla possessione femminile che viene indicata come un movimento di protesta, sottilmente dissimulato e di retto contro il sesso dominante.

Lewis indica gli spiriti che possiedono le donne come periferici in quanto sono anormali, colpiscono secondo il capriccio e non hanno alcun ruolo diretto nel sostenere il codice morale della società.

“La possessione periferica emerge quindi come una strategia aggressiva indiretta” (questo ci verrebbe confermato dal fatto di DOVER esaudire i desideri degli spiriti, pena l’attacco di questi a1le persone più vicine alle richiedenti. L’imperativo, giungendo dall’esterno e da una forza superiore dell’uomo, non può essere discusso.

Il carattere di protesta conscia ed inconscia e di rivalsa che Lewis intravede nei culti di possessione del sesso più oppresso, potrebbe essere esteso ai casi esaminati dei Tungusi e dei Manchus in cui la passività del subire la volontà dello spirito “capriccioso” si contrappone nettamente al controllo sciamanico delle entità extraumane a cui si ricorre per sostenere il funzionamento sociale.

Secondo la teoria di Lewis, comportamento destabilizzante e protesta sarebbero le conseguenze di una posizione di marginalità che alle donne viene assegnata.

Se, sociologicamente la donna, nel contesto Tungusi, può effettivamente occupare una posizione subalterna, nell’universo dei significati le viene assegnato un posto centrale: attraverso il suo comportamento la sopravvivenza del gruppo è assicurata, nascita e morte, come estremi di un unico divenire, sono a lei ricondotti.

Quello che quindi ci sembrerebbe più interessante indagare è proprio questa contraddizione.

La donna come può generare, così può “inglobare”. L’elemento che racchiude e manifesta la “potenza” ambivalente femminile è il suo sangue. Durante l’esistenza feconda delle donne, rive1ata dal ciclo mestruale, la sua capacità di nuocere come di generare si dispiega nella sua interezza.

Concluso il ciclo fertile, il potere della donna viene meno e può allora subentrare la sua dipendenza – dalla stessa “potenza” che un giorno evocò e materializzò a danno di altri.

Che essa provochi lo spirito o ne sia vittima, è sostanzialmente identico: la donna costituisce comunque un pericolo, talvolta così radicale che persino la mediazione reintegratrice dello sciamano trova il suo limite.

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